Prison Fellowship Italia: un richiamo ai principi fondamentali dello Stato di Diritto

Prison Fellowship Italia: un richiamo ai principi fondamentali dello Stato di Diritto

Recentemente, alcune dichiarazioni pubbliche hanno sollevato una questione fondamentale che non possiamo ignorare, come cittadini e come rappresentanti di un’associazione impegnata nel mondo carcerario.

Rammarica profondamente che un esponente del governo, chiamato a rappresentare quello Stato di diritto che si prende cura degli uomini e delle donne che hanno sbagliato, così come di coloro che vengono riconosciuti innocenti dallo stesso Stato, possa esprimere posizioni che sembrano negare i valori fondanti della nostra Costituzione.

Le carceri non sono luoghi isolati dal resto della società. Sono parte integrante di un sistema che dovrebbe avere come obiettivo il recupero della persona, anche di chi ha commesso gravi errori, affinché possa essere reinserita nella comunità civile. È un principio basilare del nostro ordinamento: lo Stato assume la custodia di chi ha sbagliato per accompagnarlo in un percorso di cambiamento.

Quando chi rappresenta lo Stato manifesta discredito verso questo principio, non possiamo tacere. Come associazione, riaffermiamo con forza che nessuna persona deve essere ridotta al proprio errore. Ogni individuo ha una dignità intrinseca che va rispettata, e il percorso di reinserimento sociale non è un “optional,” ma una missione che lo Stato è chiamato a compiere.

Queste riflessioni interpellano anche il nostro impegno quotidiano: chi lavora nei contesti carcerari sa quanto sia cruciale che lo Stato, nelle sue rappresentanze più alte, creda nella possibilità di un futuro migliore per chi si trova a vivere dietro le sbarre.

Concludo ribadendo il nostro fermo richiamo a rispettare i valori costituzionali, che non possono essere trattati come ostacoli scomodi, ma devono continuare a essere la guida per un’Italia che crede nella giustizia, nella solidarietà e nella speranza.

Marcella Reni
Presidente Prison Fellowship Italia

Hugh Greathead e Max Brockmeyer a Palmi: una tre giorni di confronto, speranza e appartenenza

Hugh Greathead e Max Brockmeyer a Palmi: una tre giorni di confronto, speranza e appartenenza

Palmi ha ospitato un evento di grande importanza per Prison Fellowship Italia, con la visita di Hugh Greathead, Global Field Director & Senior Regional Director per Europa e Asia Centrale, e Max Brockmeyer, Regional Manager per la stessa area. La tre giorni è stata un’occasione straordinaria di incontro, preghiera e dialogo, che ha rinsaldato i rapporti di amicizia e radicato nei volontari il senso di appartenenza a quella che è oggi la più grande organizzazione mondiale di volontariato penitenziario.

La visita ha toccato diversi aspetti fondamentali delle attività dell’associazione. Nel carcere di Palmi, Hugh e Max hanno incontrato il direttore dell’istituto, gli educatori e rappresentanti delle istituzioni locali, per confrontarsi sui progetti già realizzati e per discutere nuove opportunità di collaborazione.

Un altro momento cruciale è stato l’incontro con i volontari delle carceri di Vibo, Palmi e Paola, un gruppo motivato e unito dalla passione per il servizio. Durante questo incontro, una toccante preghiera condivisa ha rafforzato la comunione e rinnovato il senso di missione. È stato un momento intenso, in cui si è chiesto allo Spirito Santo di guidare il futuro dell’associazione e provvedere alle esigenze dei prossimi pranzi di Natale, uno dei progetti più sentiti e amati di Prison Fellowship Italia.

Hugh e Max hanno elogiato il lavoro dei volontari, sottolineando come il ministero di Prison Fellowship vada ben oltre l’assistenza immediata, costruendo ponti di riconciliazione e redenzione. La loro presenza ha rappresentato un’importante occasione di incoraggiamento e di riconferma del valore delle attività svolte.

Questa tre giorni non è stata solo un momento di confronto operativo, ma anche una celebrazione dello spirito di unità globale che anima Prison Fellowship. Ogni volontario è tornato a casa con una consapevolezza ancora più profonda del proprio ruolo in questa grande famiglia internazionale, che lavora instancabilmente per portare speranza e dignità nei contesti più difficili.

Con il supporto di figure come Hugh e Max, e con la guida dello Spirito Santo, Prison Fellowship Italia continua il suo cammino, portando luce e umanità là dove sembrano mancare.

«Grande cucina e grande cuore»: Premio Artrusi 2024 a Filippo La Mantia

«Grande cucina e grande cuore»: Premio Artrusi 2024 a Filippo La Mantia

Il Premio Artusi 2024 sarà consegnato all’oste e cuoco – come ama definirsi – Filippo la Mantia, iniziatore e presente ai Pranzi di Natale nelle carceri italiane promossi da Prison Fellowship Italia, fin dalla prima edizione.

 

Con immensa gioia accogliamo la notizia che sarà conferito a Filippo La Mantia il Premio Artusi 2024 «per il suo grande impegno volto a mettere al centro la cucina come veicolo di pace, solidarietà e tolleranza, con particolare riferimento al mondo delle carceri italiane».
Un Premio che, dal 1997, la Città di Forlimpopoli (FC) assegna, nell’ambito delle manifestazioni artusiane, a un personaggio che, a qualsiasi titolo, si sia distinto per l’originale contributo dato alla riflessione sui rapporti fra uomo e cibo. La cerimonia di consegna, che avverrà sabato 19 ottobre alle 17 in Casa Artusi, vuole essere anche un‘occasione per approfondire il tema e per questo, oltre a Filippo La Mantia, saranno presenti diversi ospiti, tra cui Milena Garavini (sindaca di Forlimpopoli), Laila Tentoni (presidente di Casa Artusi) e Sandro Gallo, referente dell’Emilia-Romagna per l’Associazione Prison Fellowship Italia. L’incontro sarà introdotto e coordinato da Andrea Segrè (Comitato Scientifico Casa Artusi, Università di Bologna).

Il Premio Artusi 2024 a La Mantia sarà consegnato dall’assessore regionale al Turismo Andrea Corsini. A seguire un viaggio musicale, tra il blues e il rock, con la chitarra acustica e la voce di Giuseppe Scarpato, chitarrista e produttore tra i più apprezzati in Italia. Per concludere aperitivo con caponata e cous cous (ricetta artusiana n. 47) a cura di Casa Artusi e dello stesso La Mantia.
«Il Premio, proposto dal Comitato Scientifico di Casa Artusi, pone ogni anno una straordinaria riflessione sui valori correlati al cibo che condividiamo con grande interesse – ha dichiarato la sindaca di Forlimpopoli Milena Garavini –. Siamo ben felici di accogliere quest’anno Filippo La Mantia e ascoltare la sua singolare storia». «Grande cucina e grande cuore, come spesso accade, vanno di pari passo perché cucinare è un atto d’amore e di cura verso gli altri», ha detto il vicesindaco e assessore alla Cultura Enrico Monti. Le motivazioni di questo premio trovano dunque massima espressione con l’opera di La Mantia: combinare il concetto di solidarietà al cibo, lasciando passare un messaggio positivo e forte per la nostra società.
Una sensibilità e un vicinanza agli ultimi che probabilmente prendono vita dalla storia personale di Filippo La Mantia. Fotoreporter di mafia nella Palermo negli anni delle stragi, viene incarcerato ingiustamente (verrà poi scagionato da Giovanni Falcone) e in carcere inizia a cucinare per i compagni di cella. Una volta uscito, questa diventerà la sua professione ma la “cucina nelle case circondariali” rimarrà un progetto vivo nel tempo, preparando pranzi (come quello di Natale con PFIt) almeno una volta all’anno. Ed è proprio il progetto “L’ALTrA Cucina, per un Pranzo d’amore“, organizzato assieme a Prison Fellowship Italia, e l’impegno a portare nelle carceri la valorizzazione della cucina, della sua biodiversità e della convivialità nel rispetto dell’essere umano privato della libertà, che sono al centro del riconoscimento della Città Artusiana. «Filippo La Mantia ha dimostrato grande sensibilità sociale cucinando negli ospedali, per i più poveri durante il Covid, per iniziative contro lo spreco alimentare considerando la cucina come veicolo di pace e tolleranza», è riportato nel comunicato della Fondazione Casa Artusi.

Così Marcella Reni, presidente di Prison Fellowship Italia, si complimenta per il meritato riconoscimento e ringrazia Filippo La Mantia per il prezioso sostegno dato a molte iniziative di PFIt: «Il prestigioso premio Artusi conferito all’eccellente Filippo La Mantia è un meritatissimo riconoscimento non solo alla competenza e alle capacità culinarie, ma anche alle grandi doti umane e morali che, nonostante la riservatezza e il riserbo di Filippo, si manifestano attraverso le sue scelte e la generosa partecipazione ad attività in favore di quelli che sono considerati ultimi».

Daniela di Domenico
Foto di Gimmi Corvaro

Germogli di Speranza

Germogli di Speranza

Io, insieme ad altri tre volontari del Rinnovamento nello Spirito Santo, al cappellano del carcere Don Massimo e al seminarista Paolo, nelle prime ore di questa mattina abbiamo varcato, con timore e tremore, la soglia della Casa di Reclusione Filippo Saporito di Aversa, dove ha avuto inizio “Il Viaggio del Prigioniero”.

In questa periferia esistenziale, entrando in punta di piedi, abbiamo già potuto sperimentare la grazia di incontrare cuori e occhi desiderosi di vita piena, volti e nomi, persone, non solo reati e colpe. Due ore intense, vissute con pienezza, senza perdere un solo centimetro della bellezza che questo luogo, intriso di germogli di speranza, custodisce.

Abbiamo trovato grande accoglienza e solidarietà anche da parte delle guardie carcerarie e del personale, con un autentico desiderio di collaborazione. Tutti insieme, uniti per il bene.

Abbiamo aperto i nostri cuori a questo percorso di redenzione, affinché il centro, che è Cristo, possa attraverso di noi incontrare questi uomini segnati dalla fragilità umana, che in fondo è anche la nostra.

Sentirci parte di questa umanità, non mettendoci da parte né prendendo distanze, ma vivendo con responsabilità e con una profonda conversione interiore, ci rende capaci di trasformare la nostra vita in una missione di servizio per l’uomo.

Con sentimenti di gratitudine al Signore e a chi apre sentieri di luce e di bene, come Prison Fellowship Italia, nelle persone di Marcella, Francesco e tutti i volontari, testardi e perseveranti nei progetti di pace e di liberazione.

Rossella Santoro

Tre Voci di Speranza: Agnese Moro, Marcella Reni e Suor Nicoletta Vessoni in dialogo con gli studenti

Tre Voci di Speranza: Agnese Moro, Marcella Reni e Suor Nicoletta Vessoni in dialogo con gli studenti

Nell’atmosfera ordinata e solenne dell’aula conferenze PTP dell’Istituto Grimaldi – Pacioli di Catanzaro, l’11 ottobre 2024 si sono incontrate tre donne straordinarie, testimoni autentiche di storie di dolore, redenzione e speranza. Agnese Moro, Marcella Reni e Suor Nicoletta Vessoni hanno condiviso con gli studenti le loro esperienze complesse e profonde, ognuna raccontata da una prospettiva diversa.

Al centro dell’incontro c’è Agnese Moro, figlia di Aldo Moro, che ha raccontato con grande umanità la sua personale esperienza di vita e di dolore. È la storia di una figlia che ha trovato il coraggio di affrontare un dolore che per anni aveva cercato di blindare, solo per scoprire che questo stesso dolore si era inconsciamente radicato anche nell’animo di suo figlio. Agnese ha spiegato agli studenti che la giustizia riparativa non è necessariamente un percorso di perdono, ma un’opportunità per la vittima e il colpevole di guardarsi negli occhi e di andare oltre il momento del reato. È un percorso di liberazione reciproca, che restituisce dignità e responsabilità sia alla vittima che all’autore del crimine.

Accanto a lei, Marcella Reni, presidente di Prison Fellowship Italia, ha risposto a una domanda di una studentessa su come una notaia sia “convertita” al mondo del carcere. Marcella ha raccontato la sua profonda conversione ideologica e valoriale, una scelta maturata attraverso esperienze personali che l’hanno portata a impegnarsi per gli ultimi. Un incontro con un giovane medico, che grazie al suo intervento ha rinunciato al suicidio, è stato per Marcella il richiamo a dedicarsi a un impegno civile che l’ha condotta oltre le mura della sua casa, verso una vita dedicata al volontariato in carcere.

A chiudere questo terzetto di testimoni, Suor Nicoletta Vessoni delle Suore delle Poverelle dell’Istituto Palazzolo di Catanzaro ha denunciato con coraggio le incongruenze del sistema carcerario, che abbandona “gli ultimi”, persone che oggi considera la sua vera famiglia. Il suo impegno nelle carceri è animato da una fede profonda e da una determinazione incrollabile.

Ad accogliere queste voci di speranza, la dirigente Elisabetta Zaccone, mentre l’avv. Francesco Iacopino, presidente della Camera Penale di Catanzaro “Alfredo Cantafora”, ha moderato l’incontro con passione. A concludere con brillante intensità è stato il prof. Antonio Viscomi.

Il successo dell’incontro è stato testimoniato dalla partecipazione attiva di centinaia di studenti, che non chiedevano di tornare a casa, ma volevano continuare a dialogare con Agnese, Marcella e Suor Nicoletta.

Nino Piterà